Vaccinazioni per l'infanzia

Le vaccinazioni nell'infanzia costituiscono il primo intervento preventivo per eliminare il rischio di far contrarre, ad un bambino, pericolose malattie infettive, che possono diffondersi in gran parte della popolazione provocando, a volte, vere epidemie. I vaccini, infatti, combattono malattie infettive molto pericolose per le quali non esiste una terapia (poliomielite e epatite B) o non è sempre efficace (difterite, tetano) oppure malattie che possono essere causa di gravi complicanze (morbillo, rosolia e pertosse). Vaccinarsi o vaccinare un bambino fin dai primi mesi di vita significa proteggerlo da queste malattie. Al contrario non vaccinarsi significa correre dei rischi inutili e, soprattutto, diventare un veicolo di contagio per le persone che non possono essere vaccinate. Generalmente i vaccini sono ben tollerati e non causano alcun disturbo, ma trattandosi di sostanze estranee all'organismo, si possono verificare talvolta reazioni fastidiose come rossore e gonfiore nel punto in cui sono stati iniettati, oppure reazioni generali come febbre, agitazione, sonnolenza (anche se sono rare). Queste reazioni non sono pericolose e si risolvono da sole in pochi giorni. Se queste reazioni persistono o si manifestano in forma più grave è opportuno rivolgersi al pediatra, che saprà comunque consigliare per ogni particolare situazione. Oggi vaccinare è una pratica sicura ed è sempre più facile farlo grazie ai cosiddetti combinati, ovvero prodotti che contengono, in un'unica fiala, i vaccini contro tre, quattro, cinque o più malattie. In questo modo si riduce sensibilmente sia il numero di volte in cui è necessario condurre un bambino ad effettuare le vaccinazioni sia il numero di punture al quale sottoporlo.

Importanza dei vaccini

I vaccini sono costituiti da interi agenti infettivi o da parti di essi (virus o batteri opportunamente trattati) che vengono somministrati con un'iniezione o per bocca al bambino allo scopo di far sviluppare una risposta immunitaria duratura, simile a quella provocata dal germe naturale ma senza causare malattia. Dopo la loro somministrazione, i vaccini inducono una risposta immunitaria che sarà in grado per molto tempo (spesso per tutta la vita) di riconoscere immediatamente il virus o il batterio eventualmente entrato nell'organismo e renderlo incapace di causare malattia. Anche chi non è vaccinato ha una risposta immunitaria simile quando subisce un'infezione, ma, non essendo stato precedentemente esposto al vaccino, ha dei tempi di reazione più lunghi che nel frattempo lasciano il tempo al germe di produrre la malattia.

Perché organizzare un sistema esteso di vaccinazione nel quale convogliare tanti bambini, anziché lasciare questa possibilità alla scelta individuale? Quando il numero di bambini immuni è molto alto, si crea una vera e propria barriera che impedisce la circolazione del germe. Infatti, quando il contagio della malattia avviene da una persona infetta ad un'altra suscettibile, il valore della vaccinazione non è solo quello di conferire una protezione individuale, ma anche "di gruppo". In questo contesto anche i pochi suscettibili risulteranno indirettamente protetti dal contagio, dato che la probabilità che vengano in contatto con un soggetto infettivo è minima.
Si vaccina quindi il bambino per proteggerlo, ma, per le malattie che si trasmettono da un bambino all'altro, anche per impedire la circolazione del germe nella popolazione: così, anche i pochi non vaccinati non verranno infettati dal germe responsabile della malattia e le probabilità di trasmissione dell'infezione nella popolazione saranno minime.
Anche i motivi che sono alla base della vaccinazione sono differenti se consideriamo il singolo bambino o il gruppo: mentre per il singolo bambino si sceglie la vaccinazione in base al rischio di contrarre la malattia, all'efficacia, alla sicurezza ed al costo del vaccino, per decidere se vaccinare tutta la popolazione si deve avere a che fare con una malattia particolarmente frequente o grave e possibilmente trasmessa da una persona ad un'altra.

I vaccini per tutti i bambini

Qual è il rischio effettivo che un bambino possa contrarre una malattia infettiva? E ci sono malattie che sono più a rischio di altre? Nessuno è protetto da una corazza che lo protegge "naturalmente" dalle malattie infettive, quindi anche un bambino sano che non ha mai avuto malattie infettive non è automaticamente "immune". Alcune malattie sono così frequenti (per esempio il morbillo e la pertosse) che la probabilità di averle prima dell'età adulta è molto alta (80-90%). Altre sono così gravi (per esempio il tetano o la difterite) che non si vuole correre neanche il rischio di contrarle. Per questo è essenziale vaccinare a tempo debito tutti e impedire così la circolazione del germe. E la legge, da parte sua, impone e garantisce la vaccinazione gratuita ad ogni bambino nato in Italia. È anche vero che man mano che sono stati resi disponibili nuovi vaccini, essi sono stati aggiunti ai programmi vaccinali senza però utilizzare più lo strumento dell'obbligo (ma non per questo sono meno importanti!). Tra i vaccini "per tutti i bambini" ci sono quindi vaccinazioni che per legge sono obbligatorie (poliomielite, difterite, tetano, epatite B) e altre che sono raccomandate (pertosse, Haemophilus influenzae di tipo b, morbillo, parotite epidemica, rosolia), ma, come già accennato, hanno pari dignità e importanza di quelle che per legge sono obbligatorie.


Poliomielite
La poliomielite è una malattia infettiva causata da tre virus che entrano nell'organismo soprattutto attraverso l'apparato digerente. Il 90-95 per cento delle infezioni avviene senza che si manifesti alcun sintomo mentre il 5-10% presenta sintomi generali come febbre e mal di gola, a volte seguiti da una meningite. Si tratta di una malattia molto pericolosa perché nei casi più gravi (1 caso ogni 250) può provocare paralisi irreversibili, per lo più dove sono presenti muscoli volontari (per esempio la gamba o il braccio), o addirittura la morte. La malattia si trasmette da persona a persona per via fecale-orale, soprattutto in condizioni di scarsa igiene. Si può trasmettere anche per via respiratoria o da madre a figlio nel periodo subito dopo la nascita.

Non esistono farmaci in grado di curare la poliomielite una volta che si sia sviluppata, quindi l'obiettivo è quello di prevenirla. Ma come? Attraverso la vaccinazione. Esistono due tipi di vaccino contro la poliomielite: un vaccino orale (Sabin), preparato con virus vivi attenuati, ed un vaccino inattivato (Salk) che si somministra con una iniezione. Il vaccino Sabin ha il vantaggio di essere eliminato con le feci dalle persone vaccinate per alcune settimane e di stabilirsi nell'ambiente in competizione con il virus selvaggio. Questo fenomeno costituisce una specie di barriera per l'ingresso del virus della malattia naturale e può vaccinare indirettamente le persone che sono a contatto con il bambino vaccinato.

Inoltre il vaccino tipo Sabin induce una protezione a livello dell'apparato gastrointestinale, che è la porta di ingresso dell'infezione naturale. Per questo motivo il vaccino tipo Sabin viene scelto dove esistono epidemie in corso. Per contro può accadere che la persona vaccinata con il vaccino Sabin, o una persona a contatto con esso, presenti una paralisi flaccida simile a quella osservata dopo la malattia naturale (anche se si tratta di un'evenienza rara). Il vaccino Salk non è associato alla paralisi flaccida, ma essendo preparato con virus uccisi, non è in grado di disperdersi nell'ambiente. Dato che in Italia la poliomielite è ben controllata da diversi anni, ma anche considerando che l'Italia costituisce un'area di passaggio per persone che provengono da paesi dove la poliomielite si verifica ancora frequentemente, dal 1999 è in vigore un calendario vaccinale che prevede la somministrazione delle prime due dosi con vaccino tipo Salk e delle successive con vaccino tipo Sabin.

Difterite, tetano e pertosse
La difterite è una malattia infettiva molto grave che si trasmette per lo più per via aerea ed è causata da una sostanza tossica che può provocare gravi lesioni in molti organi, come il cuore e il sistema nervoso. Il germe che provoca la difterite può essere trasmesso attraverso le vie respiratorie (le secrezioni del naso e della gola della persona con infezione contengono il batterio), oppure per contatto con secrezioni dell'occhio o di lesioni della pelle di un individuo infetto. Per avere il contagio ci deve essere un contatto stretto con la persona portatrice dell'infezione.

Il tetano è causato da un batterio che è in grado di produrre una potente tossina che agisce soprattutto sui muscoli determinandone la rigidità. L'infezione si acquisisce attraverso ferite anche di poco conto. Si tratta di una malattia mortale in quasi la metà dei casi. Tra le malattie prevenibili con la vaccinazione, è una delle poche che non viene trasmessa da persona a persona: il germe del tetano, infatti, si ritrova nel suolo con una discreta frequenza. Per questa malattia la vaccinazione costituisce solo un vantaggio individuale e non si può indurre l'effetto di immunità di gruppo che è invece presente per altre malattie.

La pertosse, o tosse convulsa, è causata da un batterio che aderisce alle vie respiratorie e produce una serie di sintomi, il più caratteristico dei quali è la tosse. La tosse è generalmente violenta, si presenta ad accessi che spesso lasciano senza fiato, e si associa frequentemente al vomito. I sintomi possono durare anche alcuni mesi con riaccensioni periodiche. Sebbene raramente la malattia sia causa di morte, almeno in Italia, essa rappresenta un rischio discreto per il lattante, nel quale la malattia impedisce l'alimentazione e spesso richiede il ricovero ospedaliero.

Il vaccino contro difterite e tetano viene preparato modificando le tossine difterica e tetanica in modo da stimolare l'organismo a produrre le difese specifiche contro queste malattie senza essere pericolose. Il vaccino è disponibile anche nella formula "trivalente" ossia contenente in un'unica fiala anche il vaccino contro la pertosse (oppure insieme a pertosse ed epatite B, oppure insieme a pertosse, poliomielite tipo Salk ed Haemophilus influenzae di tipo b).
Per la pertosse vengono oggi usati nuovi vaccini, detti acellulari, che rispetto ai precedenti hanno minori effetti collaterali come febbre e reazioni locali. Il vaccino acellulare contro la pertosse si trova in forma monovalente oppure, combinato con difterite e tetano, oppure con difterite, tetano ed epatite B, oppure con difterite, tetano, poliomielite ed Haemophilus influenzae di tipo b.

Epatite B
L'epatite B è una malattia infettiva contagiosa causata da un virus che è nocivo per il fegato. L'epatite può addirittura passare inosservata per l'assenza dei sintomi oppure per la presenza di sintomi generici come malessere generale e senso di spossatezza. Il sintomo caratteristico dell'epatite è costituito dall'ittero, cioè dalla comparsa di un colorito giallastro della cute. La conseguenza più pericolosa è che questa infezione permanga per anni o addirittura per tutta la vita (epatite cronica), con il rischio di ammalarsi da adulti di cirrosi o tumore del fegato. Di fatto, in Italia come nella maggior parte dei paesi industrializzati, la trasmissione dell'infezione avviene essenzialmente attraverso rapporti sessuali con persone che hanno l'infezione. In caso di infezione della donna durante la gravidanza la probabilità di trasmettere la malattia al figlio durante il parto è elevata.

Il vaccino che viene utilizzato per questa malattia è completamente sintetico e comprende alcuni frammenti del virus che causa l'epatite B ricostruiti in laboratorio: è molto efficace, sicuro e conferisce una protezione di lunga durata. Si trova in forma monovalente oppure combinata.

Haemophilus influenzae di tipo b
Questo microrganismo, che si trova di solito nel naso e nella gola dove non dà alcun fastidio, si trasmette per via aerea. In alcuni bambini, l'Emofilo non si limita a rimanere nella gola, ma riesce a raggiungere il sangue e, tramite questo, a diffondersi ad altri organi dove causa malattie molto gravi (per esempio la meningite). Con frequenza minore il germe pur rimanendo localizzato in gola può causare un'infiammazione così grave (epiglottite) che il bambino rischia di morire soffocato. La malattia può interessare anche i polmoni (broncopolmonite) o un'articolazione (artrite purulenta). A volte l'Emofilo riesce ad "intossicare" tutto l'organismo (sepsi). L'infezione da Emofilo colpisce soprattutto i bambini al di sotto dei 5 anni d'età, ed in particolare attorno all'anno. Durante i primi 3-4 mesi di vita il bambino è protetto dagli anticorpi che la mamma gli ha trasmesso durante la gravidanza. Nei mesi successivi il piccolo non risulta più protetto e può sviluppare un'infezione di questo tipo: per questo si raccomanda la vaccinazione.

Il vaccino utilizzato per combattere questa malattia è un vaccino inattivato e si trova sia in forma monovalente che in forma combinata con altri vaccini. L'efficacia di questo vaccino è elevata (più del 95 per cento dei bambini sviluppa anticorpi protettivi) come testimoniato dall'eliminazione della malattia nei paesi che l'hanno adottato su larga scala.

Morbillo, parotite e rosolia
Il morbillo è una malattia provocata da un virus molto contagioso che si trasmette attraverso il contatto con le secrezioni respiratorie e le goccioline di saliva, soprattutto durante l'inverno e la primavera. Si presenta con febbre elevata accompagnata da una caratteristica tosse stizzosa e da bruciore agli occhi. Durante la malattia il bambino presenta alcune caratteristiche macchioline rossastre sulla cute che in breve tempo ricoprono tutto il corpo. Purtroppo si tratta di una malattia tutt'altro che benigna e nel corso della malattia è frequente che compaiano delle complicazioni.

La parotite epidemica (comunemente chiamata "orecchioni"), è causata da un virus che provoca un'infiammazione ed un rigonfiamento delle ghiandole che producono la saliva, le ghiandole parotidi, ed è spesso accompagnata da una febbre modesta. La malattia può presentare alcune importanti complicazioni come la meningite asettica, una meningite a decorso benigno provocata dal virus della parotite, la pancreatite, una dolorosa infiammazione del pancreas, e l'orchite, un'infiammazione del testicolo occasionalmente osservata nell'adolescente e nell'adulto.

La rosolia è anch'essa una malattia provocata da un virus che si trasmette attraverso la via respiratoria (goccioline di saliva o secrezioni respiratorie), oppure da madre a figlio durante la gravidanza. È in genere una malattia assolutamente banale, caratterizzata da malessere, rigonfiamento dei linfonodi, dolori articolari e dalle tipiche macchioline rosse sparse sul corpo. La febbre, se presente, è modesta. L'interesse per questa malattia deriva dai catastrofici danni che il virus può causare nel feto quando l'infezione venga acquisita in gravidanza. Soprattutto se tale evenienza accade nel primo trimestre di gravidanza esistono discrete probabilità che il feto sviluppi alcune malformazioni a carico del cuore e dell'apparato visivo: si tratta della rosolia congenita.

Oggi si tende a vaccinare insieme contro tutte e tre le malattie con una prima dose a 12-15 mesi e una seconda a 5-12 anni. Il vaccino è composto dall'associazione dei tre ceppi virali. Responsabili del morbillo, della parotite e della rosolia i virus sono vivi ed "attenuati", cioè sottoposti ad opportune modifiche che li rendono assolutamente incapaci di provocare la malattia, ma ugualmente in grado di stimolare la produzione di anticorpi efficaci anche contro l'infezione naturale. L'utilizzo di questa formulazione "tripla" chiamata MPR è un vantaggio non solo per il bambino, perché consente di vaccinarlo contemporaneamente contro le tre malattie con una sola iniezione, ma anche per la collettività, poiché fa diminuire la circolazione di tutti e tre i virus, e di conseguenza protegge da queste malattie anche gli altri bambini non vaccinati e gli adulti. Questo vaccino combinato, è raccomandato per tutti i nuovi nati (generalmente prima del 15° mese di vita), per la loro rivaccinazione a 11-12 anni e per i bambini più grandi anche se già protetti verso una di queste malattie. La vaccinazione con il vaccino "triplo" di una persona che abbia superato la malattia naturale (magari senza esserne a conoscenza, come frequentemente avviene per la rosolia e la parotite) oppure che sia già stato vaccinato verso una di queste malattie è ottimamente tollerata e non espone ad alcun effetto collaterale aggiuntivo, ma si limita a rinforzare ed a prolungare la protezione immunitaria già esistente.

I vaccini in casi particolari

Con la vaccinazione si vuole proteggere l'individuo, ma, quando possibile, si cerca di eradicare la malattia, cioè di eliminare sia la malattia sia il germe che la provoca. Questo obiettivo è raggiungibile per una serie di malattie che sono gravi, sufficientemente diffuse nel mondo, la cui trasmissione avviene da persona a persona e per le quali esista un vaccino efficace e sicuro. Quando queste condizioni sussistono, si cerca di vaccinare la quasi totalità della popolazione per creare le basi della sua eradicazione. Esistono situazioni, tuttavia, nelle quali la vaccinazione viene utilizzata per proteggere da una certa malattia un individuo o un gruppo di persone, perché questi ultimi hanno un rischio elevato di avere la malattia oppure di soffrire delle sue complicazioni. Le situazioni nelle quali è utile prendere in esame la somministrazione di una vaccinazione al di fuori della strategia collettiva ordinaria comprendono i viaggi verso zone nelle quali il rischio di contrarre una malattia infettiva prevenibile con la vaccinazione è elevato.
È comunque sempre utile verificare lo stato delle vaccinazioni del bambino (e dell'adulto) ogni volta che si parte per una destinazione estera. Le vaccinazioni consigliate, naturalmente, variano secondo il paese nel quale ci si reca, e secondo il periodo. Un'altra condizione particolare può essere rappresentata da ferite accidentali o da morsi di animali. Con la vaccinazione si possono inoltre prevenire alcune malattie infettive dopo il contatto con una persona infetta. La vaccinazione alla nascita dei bambini nati da una donna che ha l'epatite B rappresenta un esempio di prevenzione attraverso la vaccinazione dopo il contatto con una malattia infettiva. Uno dei problemi comuni è poi rappresentato dalla situazione vaccinale incerta nel bambino adottato. Alcune malattie croniche possono rendere il bambino particolarmente vulnerabile alle malattie infettive oppure alle loro complicazioni. Questi bambini devono essere vaccinati più del bambino normale proprio per evitare che incorrano in questo rischio.

Alcuni esempi
Naturalmente il mezzo migliore per prevenire una malattia per la quale esiste un vaccino efficace è quello di praticare la vaccinazione prima che si verifichi un'eventuale esposizione al contagio. Esistono tuttavia alcune eccezioni per le quali è possibile intervenire anche immediatamente dopo che si è verificato un contatto con una persona che può trasmettere la malattia.

Nel caso in cui il bambino sia stato a contatto con una persona affetta da morbillo, per esempio, non sia stato ancora vaccinato ed abbia un'età superiore o uguale ad un anno, la vaccinazione eseguita entro 72 ore dal contatto previene la malattia con una discreta efficacia.

La convivenza con un bambino affetto da epatite A o il contatto frequente come quello che si verifica in una comunità scolastica, può rappresentare un rischio di trasmissione per il bambino che non ha avuto la malattia e che non è stata vaccinato.
Per i bambini che nascono da una madre che è stata affetta da epatite B, allo scopo di evitare la trasmissione dell'infezione, il calendario della vaccinazione prevede alla nascita (entro 12-24 ore) una dose di vaccino contro l'epatite B e una dose di immunoglobuline, a 4 settimane di età una seconda dose di vaccino contro l'epatite B, al terzo mese (in concomitanza con le prime dosi degli altri vaccini) una terza e a 11-12 mesi una quarta (con le terze dosi degli altri vaccini).

Il bambino sano non rientra nelle categorie di persone a cui è raccomandata la vaccinazione contro l'influenza. Alcuni bambini, tuttavia, possono trarre beneficio da questa vaccinazione, ossia quelli che soffrono di infezioni respiratorie o otiti ricorrenti (i bimbi che si ammalano ogni due settimane quando vanno a scuola o all'asilo nido). È bene sapere però che, soprattutto durante la stagione fredda, circolano molti virus diversi che possono dare sintomi simili a quelli dell'influenza. Di conseguenza, soprattutto nei bimbi con infezioni respiratorie ricorrenti, la vaccinazione permette di prevenire solo una delle ripetute infezioni, o le eventuali sue ricadute.

I vaccini combinati

Tutti i vaccini, sia quelli indicati per tutti i bambini sia quelli consigliati in casi particolari, sono disponibili in forma monovalente, ossia in una fiala è contenuto un solo vaccino, ad eccezione di quello contro la difterite che si trova solo in forma combinata con altri vaccini (per esempio del tetano).Se avessimo a disposizione solo vaccini monovalenti, oppure vaccini che combinano solo alcune componenti, il bambino nel primo anno di vita dovrebbe essere sottoposto durante una seduta vaccinale a tre o più iniezioni. Nonostante la somministrazione di più vaccini nella stessa seduta sia sicura, talvolta, proprio per l'elevato numero di iniezioni da somministrare, le vaccinazioni vengono eseguite in più appuntamenti a distanza di alcuni giorni o settimane. Il risultato è che il ciclo vaccinale viene completato in ritardo con conseguenze che possono essere importanti per il mantenimento dell'immunità di gruppo. Per ovviare a questo inconveniente si può contare oggi su un discreto numero di vaccini cosiddetti combinati, che contengono, cioè, due o più vaccini nella stessa fiala iniettabile.

Di seguito sono riportati i diversi vaccini combinati, disponibili ad oggi in Italia:

  • vaccino DT (difterite + tetano)
  • vaccino DTaP (difterite + tetano + pertosse)
  • vaccino DTaP-HBV (difterite + tetano + pertosse + epatite B)
  • vaccino dT-IPV (difterite + tetano + poliomielite)
  • vaccino DTaP-IPV-Hib (difterite + tetano + pertosse + poliomielite + Haemophilus influenzae tipo b)
  • vaccino HBV-HAV (Epatite B + Epatite A)
  • vaccino MPR (morbillo + parotite + rosolia)

Quando vaccinare

Il calendario vaccinale italiano, così come altri, si basa su alcuni principi elementari che stabiliscono il periodo di tempo migliore per la somministrazione dei vaccini per prevenire il maggior numero di casi di malattia. Se una donna incinta ha sofferto di una certa malattia o è stata vaccinata, può trasmettere la sua immunità al figlio attraverso anticorpi che passano la placenta. Alcuni di questi anticorpi rimangono a lungo nell'organismo del bambino dopo la nascita e possono interferire con la vaccinazione. Per questo motivo alcuni vaccini sono meno efficaci se vengono somministrati molto precocemente, mentre per altri vaccini questo effetto è praticamente nullo. Questo è il motivo principale per cui, ad esempio, i vaccini contro morbillo, parotite e rosolia vengono somministrati solo a partire dal dodicesimo mese di vita (hanno infatti un'efficacia inferiore se vengono somministrati prima di questa età). È il caso anche dei vaccini contro l'Haemophilus influenzae di tipo b (Hib), i quali conferiscono una migliore protezione se somministrati più tardi. Per i vaccini contro l'Hib, infatti, per conferire una buona protezione sono necessarie almeno tre dosi se il vaccino viene somministrato nel primo anno di vita, mentre è sufficiente una sola dose se viene somministrato nel secondo anno di vita o più avanti. Non è così invece per i vaccini contro poliomielite, difterite, tetano, pertosse ed epatite B, che sono efficaci anche se somministrati nei primi mesi di vita.

Se l'età alla quale viene somministrato un vaccino può condizionarne l'efficacia, bisogna fare i conti anche con il periodo di tempo nel quale è più probabile che il bambino venga a contatto con il germe responsabile della malattia e nel quale le sue manifestazioni sono più gravi. Esistono malattie per le quali è necessario vaccinare presto perché il rischio di malattia è elevato anche se non si è raggiunta ancora l'età durante la quale il vaccino è più efficace. Per esempio, il morbillo nei paesi in via di sviluppo costituisce un'importante causa di morte, anche sotto l'anno di vita. Anche se il vaccino contro il morbillo ha un'efficacia migliore se viene somministrato nel secondo anno di vita, in questi paesi la vaccinazione si anticipa all'età di 9 mesi, a costo di prevedere una seconda dose pochi mesi più tardi. Anche per l'Hib si può fare un discorso simile. Infatti, sebbene la malattia da Hib non sia particolarmente frequente nel nostro paese, non vi è dubbio che le conseguenze più disastrose si hanno quando la malattia viene contratta nei primi mesi di vita. Per questo motivo, piuttosto che attendere il secondo anno di vita e somministrare una sola dose, si preferisce somministrare tre dosi nel primo anno di vita.

Infine esiste un altro principio importante che condiziona le scadenze vaccinali: la facilità con la quale le famiglie portano i loro bambini agli appuntamenti prescritti, in altre parole la necessità di ridurre al minimo gli appuntamenti necessari per le vaccinazioni. Fino alla pubblicazione del nuovo calendario vaccinale in vigore dal 7 aprile 1999 alcune aziende sanitarie locali organizzavano anche cinque sedute vaccinali nel primo anno di vita. Quando gli appuntamenti per le vaccinazioni sono molti, la probabilità che uno venga mancato o ritardato aumenta notevolmente, con effetti negativi sull'"immunità di gruppo". Inoltre non bisogna dimenticare che i familiari dei bambini hanno reali difficoltà logistiche ad accompagnare frequentemente i propri figli a fare le vaccinazioni. Una delle ragioni alla base dei frequenti appuntamenti per le vaccinazioni, poi, era anche la necessità di somministrare molti vaccini con molte iniezioni, un inconveniente che è stato eliminato grazie alla disponibilità, negli ultimi anni, di vaccini combinati (che contengono, cioè, più vaccini nella stessa fiala).

Il calendario vaccinale
Il Ministero della Sanità italiano ha redatto un calendario vaccinale per l'età pediatrica che soddisfa sia il criterio di efficacia dei vaccini, sia quello di tempestività della somministrazione nei confronti del rischio di malattia, e risponde all'esigenza di un numero ridotto di appuntamenti e delle strategie di prevenzione ed eradicazione che sono in atto in tutto il mondo.

Il calendario vaccinale italiano prevede la vaccinazione nei confronti delle seguenti malattie: Difterite, Tetano, Pertosse, Epatite B, Poliomelite, Morbillo, Parotite, Rosolia ed Haemophilus influenzae. Il calendario vaccinale applicato in Italia prevede al 3° e poi al 5° mese di vita del bambino la somministrazione del vaccino contro Tetano, Difterite, Pertosse, Poliomelite, epatite B ed Haemophilus influenzae.

Il completamento del ciclo vaccinale contro la poliomelite prevede la somministrazione di altre due dosi di vaccino all' 11°-12° mese e al 3° anno. All'11°-12° mese è prevista anche la terza dose di Difterite/Tetano/Pertosse, Epatite B ed Haemophilus influenzae. Per l'età di vaccinazione contro il Morbillo, la Parotite e la Rosolia (MPR) si è passati dal 15° mese previsto dal vecchio calendario vaccinale, al periodo compreso tra i 12 e i 15 mesi. Si è aperta così la possibilità di concentrare in un'unica seduta vaccinale, a 12 mesi, sia la terza dose di Difterite/Tetano/Pertosse (DTPa), Epatite B (HB) e antipolio, sia la vaccinazione contro morbillo, parotite e rosolia (MPR). Anche quest'ultima possibile con un vaccino combinato che contiene gli antigeni di tutte e tre le malattie.
Un ultimo richiamo con Difterite/Tetano/Pertosse è previsto al 5° o 6° anno e tra gli 11 e i 15 anni si raccomanda un richiamo contro la difterite e il tetano.

Un ritardo nelle vaccinazioni non impone di ricominciare per intero il ciclo vaccinale ma la somministrazione del vaccino va praticata alla prima occasione possibile ricordandosi comunque sempre che va completato il ciclo vaccinale primario. Le indicazioni a ricominciare dall'inizio il ciclo vaccinale si pongono solo nei confronti della vaccinazione contro il tetano e la difterite (se sono trascorsi più di un anno tra la prima e la seconda dose oppure cinque anni tra la seconda e la terza dose; dopo la terza dose il ciclo vaccinale va completato indipendentemente dal tempo intercorso dall'interruzione).

I richiami

I vaccini provocano una risposta da parte dell'organismo simile a quella che si ottiene durante la malattia naturale, ma senza le manifestazioni cliniche e i danni tipici della malattia stessa. Per ottenere un simile effetto si possono utilizzare i vaccini che contengono componenti diversi: un germe vivo ma attenuato, un germe ucciso, una piccola parte del germe o una sostanza da esso prodotta. Una volta somministrato il vaccino, si verifica una risposta immunitaria che può essere differente secondo il vaccino utilizzato. In linea di massima la maggior parte dei vaccini protegge efficacemente dalla malattia naturale una volta terminata l'immunizzazione primaria, che può anche comprendere alcune dosi.Dopo il ciclo primario buona parte delle vaccinazioni perde gradualmente il proprio effetto protettivo nel giro di alcuni anni. Per questo motivo è necessario effettuare dei richiami, che sono in grado di riportare l'effetto protettivo ai livelli originari.

Non solo i vaccini perdono gradualmente la loro efficacia, ma è dimostrato che alcune malattie infettive possono essere contratte più di una volta. Il meccanismo alla base di questo fenomeno è complesso e coinvolge sia alcune nostre cellule in grado di produrre anticorpi che altre cellule in grado di esercitare un effetto diretto sul germe responsabile della malattia. Nella fase acuta della malattia, o subito dopo la vaccinazione, queste cellule sono numerose ed attive, mentre nel periodo successivo diminuiscono di numero. Rimangono però nell'organismo alcune cellule che "ricordano" di essere state in contatto con il germe della malattia oppure con il vaccino (memoria immunitaria). Per questo motivo, anche dopo un lungo periodo intercorso dall'ultima dose di un vaccino, è sufficiente somministrare una dose senza ricominciare da capo il ciclo vaccinale per riportare la protezione a livelli ottimali. Dopo la somministrazione di un richiamo di vaccino le cellule della memoria immunitaria si moltiplicano rapidamente per ricostituire la barriera protettiva contro la malattia naturale. Questo fenomeno si verifica anche quando la persona vaccinata dopo un certo periodo si trova ad essere in contatto con il germe della malattia naturale. Se la persona è stata vaccinata da poco, il contatto con il germe della malattia naturale provocherà un immediato innalzamento delle difese naturali e il germe non avrà la possibilità di causare la malattia. Per alcune vaccinazioni, dopo un certo periodo, questa capacità di reagire si esaurisce o non è sufficientemente rapida per garantire la protezione. In tali casi, è indispensabile praticare costantemente dei richiami perché la protezione rimanga elevata.

Un caso particolare è rappresentato invece dalla vaccinazione contro l'influenza: ad ogni stagione invernale essa viene raccomandata ad alcune categorie di persone a rischio di sviluppare complicazioni della malattia ed alle persone che hanno più di 64 anni. La vaccinazione che viene praticata in questo caso, piuttosto che essere un richiamo, è una nuova vaccinazione. Infatti i virus influenzali cambiano praticamente ogni anno e per questo motivo la vaccinazione eseguita l'anno precedente non è in grado di conferire una protezione adeguata contro i virus in circolazione l'inverno successivo.

Controindicazioni

Si possono verificare alcune situazioni nelle quali una vaccinazione non dovrebbe essere eseguita oppure dovrebbe essere ritardata (le cosiddette "controindicazioni"). In altri casi esistono invece alcune condizioni che inducono il medico o il pediatra di famiglia a prendere alcune precauzioni e a valutare con attenzione la situazione prima di decidere se effettuare la vaccinazione. Il principio generale alla base dell'individuazione di una controindicazione o di una situazione che richieda precauzione è la possibilità che una certa condizione o malattia di base del bambino accentui il rischio di presentare degli effetti collaterali, ovvero la somministrazione dei vaccini deve sempre seguire una condizione di massima sicurezza.Mentre, se sussiste una controindicazione, esiste un rischio di una certa gravità in caso di somministrazione di un vaccino, per le situazioni che suggeriscono precauzione si tratta di evitare eventi che comunque si risolvono senza conseguenze. In generale, per tutti i vaccini che vengono utilizzati di routine, i rischi associati alla malattia naturale sono incredibilmente maggiori rispetto a quelli che possono derivare dalla somministrazione del vaccino. Le controindicazioni e le situazioni nelle quali agire con precauzione sono di conseguenza pochissime. Sono invece numerosissime le cosiddette false controindicazioni, cioè le condizioni che erroneamente sono ritenute causa di un aumento dei rischi associati alla vaccinazione.

Ma in quali casi la vaccinazione non può essere eseguita? Le controindicazioni sono poche, per esempio:

  • In caso di febbre (superiore a 38°C) è normale abitudine rimandare le vaccinazioni; se in presenza di una malattia febbrile si somministra un vaccino, infatti, è verosimile che la febbre, manifestazione della malattia in corso, sia presente anche dopo la vaccinazione: ciò potrebbe generare confusione su cosa ha provocato la febbre, e di conseguenza inutili preoccupazioni. In ogni caso, la malattia febbrile non può che essere considerata una controindicazione temporanea, esaurita la quale (è sufficiente qualche giorno) il bambino può essere vaccinato in tutta serenità
  • Alcuni vaccini contengono sostanze derivate dall'uovo e quindi possono scatenare una reazione allergica. Nel caso in cui il bambino abbia manifestato una reazione anafilattica all'uovo, il timore è quello di scatenare una reazione simile, che comunque è assolutamente eccezionale. Il personale responsabile della somministrazione delle vaccinazioni è in grado, in ogni caso, di effettuare un trattamento rapido e risolutivo di questa condizione. Non tutti i vaccini hanno però, nei confronti di questa condizione, lo stesso effetto
  • I bambini con deficit della funzione immunitaria non dovrebbero, in generale, ricevere vaccini preparati con microrganismi vivi. In particolare, esiste un rischio aumentato di sviluppare una paralisi simile a quella determinata dalla poliomielite quando questi bambini ricevono il vaccino di tipo Sabin.In compenso si può utilizzare il vaccino Salk in tutta sicurezza.

Cosa fare

Quando si va dal pediatra, una buona parte del tempo che si spende durante la visita è dedicata al racconto dello stato di salute del bambino nel periodo che è trascorso dall'ultima visita, oppure dalla nascita se si tratta della prima visita (anamnesi).Le osservazioni che vengono riportate dai genitori a proposito dello stato generale del bambino sono importanti quanto l'esame fisico vero e proprio: con queste informazioni il pediatra può formulare un giudizio e fornire alcune raccomandazioni. Attraverso l'anamnesi è possibile raccogliere notizie importanti anche per il comportamento nei riguardi delle vaccinazioni. Una storia di allergia ad alcuni antibiotici, di convulsioni, o un problema immunitario, devono essere segnalati. Un processo simile avviene anche quando ci si reca direttamente all'ambulatorio vaccinale. Qui, il medico vaccinatore formula una serie di domande alla famiglia allo scopo di verificare se il bambino ha presentato condizioni che controindicano la somministrazione delle vaccinazioni.

Prima del vaccino

Tenere traccia delle vaccinazioni è una cosa utile sia per la famiglia del bambino che cresce, sia per la struttura pubblica che deve raccogliere queste informazioni. Ogni volta che viene eseguita una vaccinazione in una struttura pubblica, le informazioni relative vengono archiviate su moduli di carta (in alcuni casi, su tagliandi del libretto vaccinale) e poi su un registro. Questo archivio permette di mantenere sotto controllo la percentuale di bambini che sono stati vaccinati. Tali dati sono amministrati dall'anagrafe vaccinale, un ufficio del Comune che provvede a conservare i dati e ad emettere eventuali certificati in caso di necessità. È chiaro che se le vaccinazioni non sono registrate regolarmente, la famiglia non avrà la possibilità di ottenere un certificato vaccinale completo. Per i genitori, il libretto vaccinale o i certificati che attestano la vaccinazione sono un promemoria per le vaccinazioni da eseguire nel futuro e un documento di scorta nel caso la registrazione delle vaccinazioni non sia stata eseguita correttamente.

Dopo il vaccino

Si sente dire spesso che i giorni seguenti alla vaccinazione sono caratterizzati da una particolare suscettibilità del bambino a malattie di tutti i generi. La conseguenza è che, se per pura coincidenza nei giorni seguenti alla vaccinazione capita di avere un qualsiasi sintomo, lo si attribuisce immediatamente alla vaccinazione. È noto, invece, che il periodo immediatamente successivo alla vaccinazione è un periodo assolutamente normale durante il quale il bambino può compiere le consuete attività quotidiane.

Sebbene non frequentemente, alla somministrazione dei vaccini possono seguire effetti collaterali che nella maggior parte dei casi sono di scarsa importanza. È utile, tuttavia, per il pediatra e per il medico vaccinatore, che i genitori osservino eventuali effetti collaterali nel periodo immediatamente dopo la vaccinazione e glieli riferiscano. Con queste informazioni, infatti, è possibile ottenere consigli pratici sul trattamento dei sintomi comuni ed eventualmente, alle dosi successive, eseguire trattamenti per ridurre la probabilità che questi eventi si ripresentino. Ad esempio, per i vaccini contro difterite, tetano e pertosse, è noto che i bambini che hanno presentato febbre, irritabilità, oppure reazioni locali ad una dose, abbiano maggiori probabilità di ripresentare gli stessi sintomi alle dosi successive. In questi bambini è possibile ridurre il fastidio somministrando farmaci antifebbrili per 1-2 giorni, iniziando l'assunzione contemporaneamente alla somministrazione del vaccino.
In alcuni casi, l'osservazione degli eventuali effetti collaterali è importante per decidere se procedere alla somministrazione delle dosi successive. Una febbre molto elevata (per esempio oltre 40,5° C dopo vaccinazione contro pertosse) può costituire un motivo per evitare di somministrare dosi successive.
Il periodo di tempo durante il quale sorvegliare l'insorgenza di questi effetti collaterali è generalmente breve: la stragrande maggioranza degli effetti collaterali, infatti, si presenta entro poche ore dalla vaccinazione, di conseguenza l'attenzione dei genitori a questi eventi è limitata a qualche giorno dopo.