Influenza

Ogni anno ritorna e costringe a letto milioni di persone in tutto il mondo. Assume, cioè, le caratteristiche di un'epidemia. In Italia la sua massima diffusione è tra dicembre e febbraio. L'influenza è una delle malattie più comuni. Consiste in un'infezione, causata da un virus, che colpisce l'apparato respiratorio, dal naso fino ai polmoni. È molto contagiosa e si diffonde rapidamente per via aerea soprattutto negli ambienti affollati, come ad esempio le scuole, gli uffici o le case di cura. Non è un disturbo grave: nella maggior parte dei casi la malattia si esaurisce nel giro di una settimana, anche se la spossatezza può prolungarsi per un periodo più lungo. Se non curata, però, l'influenza può causare anche gravi complicazioni. I rischi maggiori li corrono gli anziani, i malati di cuore, chi soffre di problemi respiratori, i lattanti, le donne in gravidanza, le persone debilitate. Poiché i virus influenzali variano di anno in anno, le nuove varianti non vengono riconosciute dagli anticorpi della maggior parte delle popolazione, che così risulta indifesa rispetto al nuovo ceppo virale. Per questo la vaccinazione, unica vera difesa contro l'influenza, va ripetuta ogni anno.

I virus
I virus responsabili dell'infezione appartengono alla famiglia degli orthomixovirus e si distinguono da quelli di altri disturbi infettivi per due caratteristiche. Innanzitutto perché non esiste un unico tipo di virus, ma ve ne sono di diversi, A, B e C: i primi due sono responsabili della classica forma di influenza, mentre il tipo C, generalmente asintomatico, provoca un'infezione simile al raffreddore. I virus di tipo A circolano sia nell'uomo che in altre specie animali (uccelli, maiali, cavalli) e sono a loro volta suddivisi in sottotipi. Di solito il virus si trasmette dagli uccelli al maiale e da quest'ultimo all'uomo. I virus di tipo B sono presenti solo nell'uomo e non esistono sottotipi distinti. In secondo luogo, i virus dell'influenza sono mutanti, cioè si modificano di anno in anno, obbligando così il nostro sistema immunitario ogni volta a produrre nuovi anticorpi in grado di affrontarli e sconfiggerli. Se ad esempio una persona ha superato un'infezione da virus di tipo A l'anno precedente, non è sicura di essere immune da ricadute l'anno successivo: lo stesso virus si può presentare modificato e l'organismo, per neutralizzarlo, deve produrre nuovi anticorpi.
I virus dell'influenza sopravvivono solo nelle cellule delle prime vie respiratorie: naso, faringe e laringe. Ciò significa che se durante o in seguito ad un'influenza si sviluppa la broncopolmonite, i responsabili non possono essere i virus dell'influenza: in questo caso la malattia è dovuta ai batteri che, approfittando dello stato di debolezza della persona, ne attaccano i bronchi e i polmoni.
Il virus che infetta volatili selvatici e domestici (tra cui i polli) si chiama "virus dell'influenza aviaria": di solito non infetta gli uomini, anche se, nel 1997 si sono verificati ad Hong Kong alcuni casi sporadici di influenza aviaria in persone che avevano avuto un contatto diretto con animali infetti (allevatori, macellatori e veterinari). Il virus dell'influenza aviaria, comunque, non si trasmette attraverso l'ingestione di carni o uova infette.

Tipi di epidemia 
Una caratteristica dell'influenza è la tendenza dei virus a modificare continuamente nel tempo le proprie caratteristiche: se le modifiche sono profonde in determinate circostanze ci possono essere importanti conseguenze per la popolazione che, non avendo mai incontrato il nuovo virus, è scarsamente immunizzata e si ammala più facilmente. Questo fenomeno può coincidere con la comparsa in tutti i gruppi di età di grandi epidemie a livello mondiale, chiamate "pandemie".
Le pandemie si verificano ad intervalli di tempo imprevedibili e in questo secolo sono avvenute nel 1918 (Spagnola, sottotipo H1N1)), nel 1957 (Asiatica, sottotipo H2N2) e nel 1968 (Hong Kong, sottotipo H3N2). La più severa, la Spagnola, ha provocato almeno 20 milioni di morti.
La comparsa di un ceppo di virus con proteine di superficie radicalmente nuove non è certo sufficiente per dire che si è verificata una pandemia. Occorre anche che il nuovo virus sia capace di trasmettersi da uomo a uomo in modo efficace.

Ma ecco alcune caratteristiche delle infezioni influenzali:

  • pandemica: diffusa in tutto il mondo
  • epidemica: diffusa a livello locale
  • endemica: casi sporadici che si verificano tutto l'anno
  • stagionale: nelle latitudini settentrionali si verifica in inverno, in quelle meridionali, invece, in primavera.

Un po' di storia
Sin dai tempi antichi i virus dell'influenza furono probabilmente una causa importante di malattia. La prima epidemia di influenza viene fatta risalire al 1173. Le prime descrizioni di epidemie caratterizzate da sintomi simil-influenzali risalgono al V sec. a.C., in Grecia, e si sono protratte per tutta l'era cristiana, evidenziando come l'influenza sia presente da millenni nella popolazione umana. Recentemente si è ipotizzato che la peste di Atene, verificatasi tra il 430 e il 427 a.C. e descritta da Tucidide, fosse in realtà un'epidemia influenzale aggravata da complicazioni.

La prima pandemia attribuibile all'influenza è datata 1580. Da allora sono state descritte 31 pandemie, la maggiore delle quali si verificò nel 1918-19 (la Spagnola) quando, durante 3 ondate successive, furono registrati in tutto il mondo 21 milioni di morti. Il virus dell'influenza fu scoperto nel 1918 ma il primo isolamento di virus influenzale nell'uomo risale al 1933 in Inghilterra. Il virus dell'influenza B venne isolato nel 1939 e quello dell'influenza C nel 1950. A partire dal 1940 i virus dell'influenza vengono isolati annualmente in varie parti del mondo, durante le epidemie e le pandemie. Una epidemia influenzale da virus di tipo A compare ogni 2 anni, mentre una epidemia da virus di tipo B (che presenta in genere una minore diffusione e gravità) appare ogni 3-4 anni.

Trasmissione 
Il contagio avviene da persona a persona per via aerea: il virus si diffonde attraverso le goccioline di saliva sospese nell'aria che vengono emesse con starnuti o colpi di tosse da una persona già colpita, oppure semplicemente toccando con le mani superfici oppure oggetti contaminati da individui ammalati. Il virus penetra abitualmente attraverso il naso o la bocca e si moltiplica velocemente nelle vie respiratorie. Al momento del contagio non si accusa alcun malessere, ma intanto il virus comincia a moltiplicarsi. In una comunità o in una regione l'andamento di un episodio di epidemia influenzale, dopo un esordio improvviso, raggiunge la fase acuta nel volgere di 3 settimane e tende quindi a spegnersi in breve tempo (6-10 settimane).
Epidemie causate dal virus dell'influenza soprattutto di tipo A possono manifestarsi periodicamente in corsie d'ospedale o in altri gruppi di popolazioni chiuse (quali anziani che vivono in comunità di lungodegenza).
In queste situazioni le caratteristiche epidemiologiche della malattia (breve periodo di incubazione, trasmissione per via aerea) possono dare origine ad epidemie con carattere esplosivo, ma di durata relativamente breve (1-3 settimane). Durante queste epidemie sono abbastanza frequenti infezioni secondarie tra il personale ospedaliero (con tassi d'attacco del 20-50 per cento). A sua volta il personale ospedaliero può dare inizio all'epidemia trasmettendo l'infezione ai pazienti suscettibili.

I primi sintomi dell'influenza

L'influenza insorge all'improvviso, da un giorno all'altro, senza alcun sintomo premonitore. Si comincia a provare un senso di malessere diffuso e ci si sente deboli. Dopo il periodo di incubazione, che può durare da uno a 3 giorni, arrivano i primi disturbi tipici di questo malanno di stagione. L'influenza esordisce bruscamente con la comparsa di febbre elevata, che raggiunge rapidamente il suo picco massimo (39-40°C) entro 12-24 ore, sensazione di freddo e brividi intensi, con la tipica sensazione di "ossa rotte". E arriva anche il mal di testa, accompagnato spesso dal fastidio per la luce (fotofobia).

Fasce d'età colpite
I bambini in età scolare hanno un ruolo centrale nella diffusione dell'infezione in comunità. L'aumento delle assenze a scuola è il segnale epidemiologico precoce dell'insorgere di una epidemia influenzale. Altro segnale è l'aumento delle visite per patologie respiratorie febbrili effettuate dai medici di famiglia e dai medici che operano in pronto soccorso.
A seconda della fascia d'età colpita si registrano alcune differenze nelle modalità di presentazione dell'influenza. Nei neonati e nei lattanti prevalgono sintomi poco specifici: si manifesta con vomito e diarrea, spesso senza febbre.
La più elevata incidenza di influenza si registra nei bambini in età scolastica e negli adolescenti, mentre si riduce con il progredire dell'età, tanto che i tassi d'attacco sono circa quattro volte inferiori nelle persone di età superiore a 60 anni rispetto ai gruppi più giovani di età. Negli anziani l'influenza può avere caratteristiche diverse rispetto a quelle dell'adulto. All'esordio, i sintomi possono essere più subdoli (soprattutto dopo i 70 anni) con febbre che raramente supera i 38°C, mentre prevalgono disturbi comportamentali e segni neurologici (stato soporoso, confusione mentale, vertigini, incontinenza urinaria e fecale) che provocano anche un rischio di cadute accidentali. I tassi più elevati di ricovero ospedaliero si registrano nei bambini di età inferiore a 5 anni o negli anziani di età superiore a 65 anni, con 3-6 ricoveri ogni 1000 persone nei periodi di epidemia.

Le stagioni dell'influenza
Nei paesi a clima temperato di solito arriva durante l'inverno o all'inizio della primavera. Al contrario, nei paesi tropicali, l'infezione ha un andamento endemico con episodi epidemici che si verificano anche più di una volta all'anno. Non si è ancora riusciti a spiegare la distinta stagionalità dell'influenza epidemica: secondo un'ipotesi attendibile i motivi potrebbero essere la reintroduzione del virus ad ogni stagione e fattori comportamentali che ne influenzano la circolazione (ad esempio, l'inizio dell'anno scolastico e il sovraffollamento). Nei paesi temperati dell'emisfero settentrionale o boreale l'influenza si diffonde da ottobre ad aprile (con picchi tra dicembre e marzo), mentre nell'emisfero meridionale o australe si verifica da aprile a settembre-ottobre.

Diffusione
Secondo alcune stime circa il 10 per cento della popolazione mondiale (500 milioni di persone) contrae annualmente l'infezione durante una tipica stagione influenzale. In Italia ogni anno si ammalano tra i due milioni e mezzo e i 3 milioni di persone. La frequenza con cui insorgono casi di influenza, pur essendo assai diversa da epidemia a epidemia, si aggira intorno al 10-20 per cento della popolazione generale. Il sistema di sorveglianza epidemiologica e virologica ha stimato un'incidenza nella popolazione generale pari al 5 per cento, mentre nella fascia d'età 0-14 anni, che è quella più colpita, l'incidenza è stata circa del 15 per cento. Durante le pandemie l'incidenza può raggiungere anche il 50 per cento della popolazione generale.

Diagnosi
La diagnosi clinica di influenza non è semplice. Numerosi infatti sono i microrganismi (soprattutto virus ma anche batteri) che possono provocare una patologia acuta delle vie respiratorie simile all'influenza. La definizione clinica, proposta dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, prevede che il paziente presenti le seguenti manifestazioni: esordio improvviso della febbre (uguale o superiore a 39°C), dolori muscolari e sintomi respiratori. Si tratta di una definizione semplice che permette di circoscrivere i sintomi influenzali rispetto alle numerose infezioni respiratorie acute. Da un punto di vista pratico, oltre ai sintomi, è importante monitorare l'andamento epidemiologico locale dell'infezione, vale a dire quanti altri casi di influenza si verificano nella comunità.
La diagnosi certa di influenza richiede la conferma di laboratorio: l'isolamento diretto del virus viene fatto di routine solo da laboratori specializzati che si trovano presso i centri incaricati della sorveglianza dell'epidemia.

Test consigliati
Di solito il medico fa la diagnosi di influenza in base sia ai sintomi riferiti dal paziente e all'esame obiettivo durante la visita, che al riscontro contemporaneo di molti altri casi nella comunità. Non sono quindi necessari altri accertamenti diagnostici. Se invece il medico sospetta una complicanza dell'influenza, per esempio una polmonite, prescriverà una serie di analisi, come gli esami del sangue e la radiografia del torace.

Quando rivolgersi al medico 
Ci si deve rivolgere al medico nei seguenti casi:

  • se l'influenza colpisce un bambino piccolo, una persona anziana oppure un soggetto affetto da disturbo polmonare o cardiaco
  • se la febbre sale oltre i 39°C o se la febbre, leggera o media, non scompare entro tre giorni dall'inizio
  • se si verificano uno o più di questi sintomi: irrigidimento della zona tra la nuca e le scapole, difficoltà di respiro, tosse, dolori al petto, irregolarità del battito cardiaco, irregolarità della circolazione sanguigna, verificabile soprattutto nelle caviglie che appaiono gonfie e con il reticolo venoso visibile
  • se la convalescenza si protrae per un lungo periodo ed è accompagnata da tosse e da una sensazione di spossatezza.

È necessario chiamare il medico se la persona ammalata di influenza appartiene ad una delle categorie a rischio già elencate (bambini piccoli, anziani, malati cronici) e quindi si temono eventuali complicazioni. È opportuno inoltre consultare il proprio medico in caso di difficoltà a respirare, dolori al torace, tosse accompagnata da catarro giallo-verdastro, mal di gola particolarmente forte o, in generale, se dopo un iniziale miglioramento la malattia si prolunga per oltre una settimana o tende a peggiorare.

Rimedi fatti in casa
Quando ci si ammala di influenza è buona regola seguire alcune norme igieniche e comportamentali:

  • riposare a letto, cercando di evitare un clima troppo secco nell'ambiente (per esempio, usando un umidificatore)
  • non coprirsi troppo, soprattutto in caso di febbre alta, perché questo favorisce il surriscaldamento del corpo
  • seguire una dieta leggera, ma che sia sufficientemente calorica
  • mantenere una buona idratazione bevendo almeno un litro di acqua al giorno, succhi di frutta, brodo e latte
  • astenersi dal fumo e dal consumo di bevande alcoliche.

Complicazioni

Le complicazioni dell'influenza si verificano quando l'infezione, anziché restare limitata alle prime vie respiratorie, si propaga ai bronchi e ai polmoni. Le complicazioni più comuni sono la bronchite e la polmonite, dovute in genere all'intervento di ba Particolarmente temibile per gli anziani e per le persone che soffrono cronicamente di malattie respiratorie o cardiache è la polmonite: la sua comparsa fa salire i tassi di ricovero di 3-5 volte tra gli adulti con patologie ad alto rischio. All'influenza sono associate due manifestazioni di polmonite: la polmonite virale primaria e la polmonite secondaria: talora le due condizioni possono coesistere.

La forma di complicazione più grave, ma anche estremamente rara, è la polmonite fulminante: alla fine della fase acuta dell'influenza, invece di migliorare, la situazione precipita, la persona cade in una prostrazione profonda e rischia di morire.

Polmonite virale
La polmonite virale primaria è causata dal virus stesso dell'influenza. La maggior parte delle persone ricoverate durante i periodi epidemici a causa di questa patologia ha un'età superiore a 40 anni. Nel 40 per cento dei casi non hanno fattori di rischio di solito associati alla comparsa di complicanze, per esempio: malattie cardiopolmonari, malattia reumatica cardiaca, neoplasie, trapianti d'organo, terapie citotossiche (sostanze che arrestano la divisione cellulare) o steroidee, gravidanza, infezione da HIV.

I pazienti presentano una sindrome influenzale seguita da tosse persistente, tachipnea e dispnea che può progredire in una sindrome da difficoltà respiratoria dell'adulto (ARDS). L'intervallo di tempo che intercorre tra l'esordio dell'influenza e la comparsa dei sintomi polmonari è variabile (da meno di 1 giorno sino a 20 giorni) ma nella maggior parte dei casi l'insufficienza respiratoria grave avviene tra il primo e il quarto giorno. Nella metà dei casi vi è una abbondante espettorazione, cioè l'emissione attraverso la tosse del muco prodotto. Un terzo dei pazienti emette sangue dalla bocca (emottisi). Sebbene le tecniche di ventilazione assistita abbiano permesso di migliorare anche le condizioni dei pazienti gravi, il tasso di mortalità resta elevato: intorno al 50 per cento.

Polmonite secondari
L'infezione da virus influenzale è spesso complicata da polmoniti batteriche secondarie. Questa manifestazione della polmonite è causata da un microbo: il responsabile più frequente è lo Streptococcus pneumoniae, seguito dallo Staphylococcus aureus (isolato nel 25 per cento dei casi). In altri casi sono responsabili altri microrganismi, come l'Haemophilus influenzae e i bacilli Gram-negativi. Le spie di una sopraggiunta infezione batterica possono essere la ricomparsa della febbre, il persistere dei sintomi respiratori e della tosse produttiva durante la seconda settimana. Con lo sviluppo della polmonite la tosse peggiora e aumenta l'espettorato, purulento o ematico.

L'influenza può causare anche un aggravamento in pazienti con malattia polmonare cronica ostruttiva, o un deterioramento della funzionalità respiratoria in chi è affetto da fibrosi cistica. Negli asmatici possono comparire, da 5 giorni prima a 10 giorni dopo l'inizio dell'influenza, crisi di dispnea, caratterizzate da difficoltà respiratorie e riconducibili ad iperreattività bronchiale.

Altre complicazioni
Raramente il virus dell'influenza viene isolato in altri organi al di fuori del tratto respiratorio.
Le epidemie di influenza possono far aumentare il rischio di meningite (infiammazione delle meningi che avvolgono il sistema nervoso centrale - cervello e midollo spinale), come conseguenza di un danno indotto dal virus a carico della mucosa rinofaringea o di una condizione transitoria di immunodepressione. La malattia si manifesta entro 2 settimane dall'influenza.
Altre complicazioni neurologiche da virus dell'influenza possono essere le convulsioni, in presenza di febbre molto alta e diffuse soprattutto tra i bambini; l'encefalite (infiammazione che colpisce la parte del sistema nervoso centrale che occupa la cavità cranica); la sindrome di Reye, caratterizzata da encefalite (con edema cerebrale), epatite e ipoglicemia (diminuzione degli zuccheri nel sangue). Quest'ultima si verifica più spesso nei bambini che hanno assunto acido acetilsalicilico (aspirina). È stata spesso associata a epidemie di influenza da virus di tipo B.
Una sindrome da shock tossico può verificarsi entro una settimana dall'esordio dell'influenza. Può derivare da infezioni a carico dell'apparato respiratorio cui si aggiungono batteri quali Staphylococcus aureus o, più raramente, streptococchi di gruppo A. Un'altra complicanza dell'influenza, poco frequente, può essere la miocardite (infiammazione del tessuto miocardico). Un aumento della sua incidenza si verifica di solito dopo pandemie da virus dell'influenza A. Altre complicazioni di natura cardiorespiratoria possono interessare le donne gravide durante il secondo e il terzo trimestre di gravidanza.

Trattare l'influenza
Se non esistono problemi di salute, di solito non vengono prescritte cure particolari per l'influenza. Nei casi di influenza non complicata viene di solito utilizzata una terapia volta a controllare i principali sintomi provocati dai virus influenzali. È inoltre consigliabile controllare la febbre affinché non raggiunga valori molto elevati (nei bambini piccoli soprattutto); devono poi essere evitati gli sfebbramenti rapidi e ravvicinati che possono comportare perdite cospicue di liquidi. I farmaci più utilizzati, antipiretici e antidolorifici, sono detti sintomatici perchè portano un certo sollievo ai sintomi, ma non vanno usati per periodi troppo lunghi e senza controllo medico perché potrebbero avere effetti collaterali.
L'utilizzo di farmaci contro la tosse deve essere valutato caso per caso e va preso in considerazione soprattutto quando la tosse è molto insistente e tale da compromettere (soprattutto nei bambini) l'alimentazione e un sonno soddisfacente. Tra i farmaci antitussigeni vanno preferiti quelli che agiscono deprimendo il riflesso della tosse, mentre quelli sedativi vanno riservati alle situazioni in cui può essere utile anche la sedazione del paziente. Nel caso di tosse produttiva vengono generalmente impiegati farmaci ad attività espettorante o mucolitica.
Le inalazioni di vapore possono alleviare i sintomi respiratori e prevenire alcuni dei problemi indotti dall'essiccamento delle membrane e dall'ispessimento delle secrezioni.
Il ricorso alla terapia antibiotica in corso di influenza non deve essere indiscriminato ma richiede da parte del medico una valutazione ragionata di diverse variabili quali l'età del paziente, la presenza di concomitanti malattie che espongono ad un rischio di complicazioni batteriche e soprattutto una attenta valutazione del quadro clinico. Gli antibiotici potranno esser prescritti quando si sospetta una complicazione batterica, segnalata dalla persistenza e dalla gravità dei sintomi: ad esempio, una temperatura corporea elevata oltre 3-5 giorni, la comparsa o l'aumento di espettorazione con aspetto purulento, difficoltà a respirare.

Prevenzione
La migliore prevenzione dell'influenza è rappresentata dal vaccino. La vaccinazione è consigliata a tutte le categorie "a rischio", ma anche a coloro che lavorano in comunità (per esempio ospedali, case di riposo, scuole) o che svolgono lavori di pubblica utilità (per esempio vigili del fuoco e poliziotti). Chiunque lo desideri può vaccinarsi, acquistando, previa ricetta medica, il vaccino in farmacia.
Per chi il vaccino non lo fa, ecco alcune precauzioni utili durante l'epidemia:

  • cercare di evitare il contagio tenendosi lontano, per quanto possibile, dai luoghi affollati: questo vale soprattutto per le persone a rischio, come bambini, anziani, malati di cuore e ai polmoni o i soggetti molto debilitati
  • in casa far cambiare l'aria spesso
  • cercare di tenere efficiente il sistema immunitario, con un'alimentazione ricca di vitamine, oligoelementi e minerali. Il sostegno al sistema immunitario è particolarmente necessario per chi conduce una vita stressante, lavora molto o è debilitato.